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Rosa Balistreri
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Cantante (Licata 1927 - Palermo1990)

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Definita la Voce della Sicilia, per quel suo timbro forte e penetrante, che affonda in radici di un canto senza tempo, vivo d’ immagini e di commozioni nella persistente attualità dei temi che hanno sempre alimentato il dolore e l'amore della Sicilia.

L'isola cantava in lei, nella memoria di tutte le canzoni che aveva ascoltato in Sicilia, in assolate campagne o in riva al mare d'Africa che corrode col vento e la salsedine la costa di Agrigento.

Rosa Balistreri nasce a Licata il 21 marzo da Emanuele Balistreri e Vincenza Gibaldi. Primogenita di cinque figli vive l'infanzia e la giovinezza nella miseria e nel degrado sociale nel quale a quei tempi versava il quartiere della Marina di Licata.

La figura del padre, falegname, spesso violento, amante del gioco e del vino, si contrapponeva a quella della madre, donna semplice e buona.

Il sostegno della famiglia proveniva dal ricavato di piccoli lavori di falegnameria del padre, attività che svolgeva andando spesso nei paesi vicini, Palma di Montechiaro, Butera, Riesi, giri in cui Rosa lo seguiva, in lungo e in largo a piedi nudi in tutte le stagioni. In queste difficili condizioni, Rosa scaricava la sua rabbia e il suo disagio cantando a squarciagola lungo le stradine della Marina. Ancora oggi i più anziani ricordano i canti con quella voce rauca che risuonavano per le strade.

Dopo la guerra, Rosa si trasferisce per un periodo con la sua famiglia nella vicina Campobello di Licata e con il padre si dedicano al consueto lavoro di "siggiari ", aggiustatori di sedie. Ritornata a Licata con la famiglia, dopo i quindici anni cominciò ad essere chiamata per cantare in chiesa durante battesimi e matrimoni.

A sedici anni fu data in sposa a "Iachinuzzu", definito da lei stessa durante uno spettacolo "latru, jucaturi e 'mbriacuni" e da cui ebbe una figlia: Angela.

La vita matrimoniale fu ancora più misera e degradante di quella trascorsa nella sua famiglia d'origine, tanto da portarla, in preda alla disperazione, ad aggredire con una lima il marito nella casa di via Martinez. Credendo di averlo ucciso, andò a costituirsi dai carabinieri, affrontando anche la galera.

Comincia da qui, in fuga dal marito violento, il peregrinare di Rosa, prima a Palermo, poi a Sondrio, a Roma, facendo lavori umili sempre subendo violenze e con la continua disillusione per una serenità che sembra non voler arrivare. Nel 1950 approda a Firenze insieme al fratello Vincenzo che apre una bottega di calzolaio mentre Rosa trova lavoro al servizio di una distinta famiglia fiorentina. Conquista così una certa tranquillità, tale da permetterle di richiamare tutta la sua famiglia. Ma le disgrazie non finiscono ancora: la sorella Maria fuggita con i figli dalla prepotenza del marito, viene uccisa da questo a Firenze. A seguito di questa tragedia il padre di Rosa si toglie la vita impiccandosi.

Superati questi dolorosi avvenimenti per Rosa inizia finalmente un periodo di serenità: nel 1960 incontra il pittore Manfredi, con cui vive per dodici anni, che le dà la possibilità di conoscere grandi personaggi della cultura e dell'arte.

Tra i tanti conosce Mario De Micheli che, estasiato della sua voce, le fa incidere il suo primo disco con la Casa Discografica Ricordi, evento che segna l'inizio della sua vita artistica. A Bologna incontra il poeta dialettale Ignazio Buttitta, che per lei scriverà numerose liriche, e il cantastorie Ciccio Busacca, con i quali instaura una sincera amicizia. Finalmente nell’ambiente giusto e libera di esprimere la sua voce appassionata e vitale entra a pieno titolo nel mondo dello spettacolo: nel 1965 incide il suo primo LP “La Cantatrice del Sud”, nel 1966, conosciuto Dario Fo, partecipa al suo spettacolo "Ci ragiono e canto". La sua attività prosegue con concerti al teatro Carignano di Torino, al Manzoni di Milano e al Metastasio di Prato alternati a esibizioni in varie sedi e a seminari sulla musica popolare in alcune università. Alla fine degli anni sessanta recita a Firenze con il Teatro Stabile di Catania, e decide quindi di tornare in Sicilia, non più come serva, ma come artista affermata. Tiene molti spettacoli in diverse città siciliane, conosce Carapezza, Sciascia, Caruso e Guttuso, questi ultimi illustreranno molti dei suoi LP.

Nel 1971 si trasferisce definitivamente a Palermo, dove va a vivere in via Santissima Mediatrice, prosegue la sua attività recitando e cantando al Biondo di Palermo in "La ballata del sale", uno spettacolo appositamente per lei scritto da Salvo Licata.

Nel 1973 partecipa al Festival di San Remo con la canzone in italiano "Terra che non senti" ma viene esclusa alla prima serata, ufficialmente poichè la canzone non è inedita, in realtà perchè il suo genere musicale viene considerato fuori moda.

Nel frattempo incide i suoi dischi per la Fonit cetra tra cui “Amore tu lo sai la vita è amara”

“Terra che non senti”, “Noi siamo nell'inferno carcerati”, “Amuri senza amuri “.

Negli anni ottanta è in giro per l'Italia con Anna Proclemer allo spettacolo "La Lupa" tratto dall'omonima novella di Giovanni Verga. Fa parte della sua esperienza teatrale la partecipazione a "La lunga notte di Medea", diretta da Corrado Alvaro e "Le Eumeneidi" a Gibellina; al Biondo di Palermo recita ancora in "Bambulè" di Salvo Licata.

Il 1987 è per Rosa l'ultima estate artistica come attrice teatrale. Come cantautrice continua a girovagare per il mondo: in Svezia, in Germania, in America raccogliendo sempre applausi e apprezzamenti, conosce Amalia Rodriguez, Maria Carta e altri tra i più grandi interpreti del folk. In Italia però la musica folk inizia a declinare e così la fortuna di Rosa.

Rosa si spegne all'ospedale Villa Sofia a Palermo, colpita da un ictus cerebrale mentre partecipava ad uno spettacolo in Calabria.

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il documentario
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la pubblicazione

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i luoghi
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